Sette modi per perdersi e non perdersi in montagna

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Pubblicato da admin

23 Sep 2014 - 03.35

di Gabriele Maniccia

L'escursionismo, sia individuale che in gruppo è diventato un fenomeno sociale e culturale che non comprende più soltanto gli sportivi come un tempo, ma molte categorie di persone di diversa età e preparazione che hanno il desiderio della conoscenza della natura e qualche volta di sfida con se stessi.

Per questo, purtroppo aumentano sempre di più le persone che si perdono in montagna ed a volte a poca distanza dal punto lasciato in partenza. Sulla stampa si legge che spesso i dispersi erano anche ritenuti "esperti escursionisti" e per costoro, qualche volta, malauguratamente le cose si mettono male e vanno a finire in brutte avventure di recupero e salvataggio.

Attraverso la nostra esperienza e riferendoci alle regole e raccomandazioni del Club Alpino Italiano, rappresentiamo in un elementare ma essenziale catalogo in sette punti, il perché, il più delle volte ci si perda e come si dovrebbe fare perché questo non succeda in montagna.

Punto primo: mai andare da soli anche solo con l'intenzione di un'escursione nel bosco seguendo un sentiero senza sapere dove porta. Non conoscere i dintorni e a che distanza si trovano i prossimi punti di contatto con case, borghi, punti notevoli o strade percorribili, può portare alla perdita di orientamento. Il concetto di distanza e di tempo è notevolmente diverso in montagna da quello conosciuto camminando in città, percorrendo una strada con la propria automobile. In montagna su sentieri non difficili, chi è in condizioni di salute normali ed abituato a praticare un minimo di attività fisica, può percorrere circa tre chilometri di distanza in un'ora di camminata e, nello stesso tempo di un'ora, non supera facilmente un dislivello di trecento metri. Anche su sentieri più facili, molte persone, non ricordando il percorso effettuato e non rendendosi conto del tempo, tendono a farsi prendere dal disorientamento e dal panico, per cui non ritrovano il punto di partenza.

Punto due: avere con sé una mappa, sia turistica che topografica, ma non saperla leggere al momento necessario perché privi delle essenziali nozioni di geografia, significa andare nella confusione più totale. Questa carenza è molto diffusa anche tra i giovani, i quali spendendo la gran parte del tempo in ambienti chiusi ad a contatto con oggetti ravvicinati, come computer, telefonini, televisione, riportano una visione ridotta delle distanze reali in ambienti aperti. Infatti, se provate a chiedere a più persone a che distanza si trovi una strada che cercate in città, le risposte saranno molto diverse: da qualche centinaio di metri a qualche chilometro. Se ripetete l'esperimento riferendovi al tempo che ci vuole per arrivare ad un determinato posto, vi sentirete rispondere anche in questo caso diversamente: chi dirà qualche minuto, chi più di qualche decina di minuti o addirittura un'ora, senza nessun approssimato rapporto con la vera distanza. Quindi una conoscenza dei punti notevoli segnati su una mappa, soprattutto rilevati prima di iniziare il cammino, è essenziale. Inoltre, non sottovalutate l'allenamento a riportare con frequenza i minimi elementi di orientamento geografico tra quelli che si vedono attorno a voi e quelli che sono rappresentati sulla carta. Infine, voltatevi spesso indietro per vedere come è diverso il percorso lasciato alle vostre spalle, per poterlo riconoscere meglio al ritorno.

Punto tre: seguire i cartelli che indicano percorsi e sentieri, attraverso colori e numeri e chiedere sempre conferme a chi s'incontra, soprattutto se pastori o gente del luogo. Tuttavia, negli ultimi tempi, paradossalmente è diventato più difficile orientarsi attraversi i segnali, perché se ne trovano di più e spesso in sovrapposizione e confusione tra loro. La mancanza di un'unica autorità per la gestione del territorio e soprattutto l'inefficienza dei controlli sulla preservazione della natura, fa sì che, oltre alla storica e affidabile segnalazione del Cai, tuttora si trovino ulteriori segnalazioni di altri enti di montagna, come pure di associazioni ambientaliste o locali, che tendono a personalizzare percorsi con numeri e simboli diversi. Va aggiunto che in alcune zone degli Ernici e dei Lepini, si trovano perfino segnali lasciati da cacciatori, atleti di mountain-bike, moto enduro, fuori strada e fanatici di guerre finte che danno un'idea di come, in mezzo a tanta confusione, ci si possa facilmente perdere se non si sa leggere una mappa.

Punto quattro: confidare nel proprio telefonino e poi accorgersi che, una volta dispersi, il segnale non c'è più e dopo innumerevoli tentativi di chiamata, trovarsi anche con le batterie scariche. E' ovvio che soprattutto tra le valli delle montagne, a meno che non ci si trovi in vicinanza di un ripetitore, i segnali spesso siano coperti dalle rocce e dalla fitta vegetazione. A ciò va aggiunto che la capacità di ricezione non dipende tanto dal tipo di telefonino ma soprattutto dal gestore telefonico cui si è abbonati. Per questo, sarebbe sempre prudente, in vista di una lunga escursione, avere sia una batteria di ricambio che una carta Sim aggiuntiva di un gestore diverso. Per ultimo, potrebbe essere consigliabile inserire, sul proprio telefonino il programma di auto localizzazione di Google Map, in quanto in questo modo è più facile individuare la zona della chiamata e provvedere alle indicazioni di orientamento o di soccorso. Meno consigliabile è utilizzare in continuazione il Gps interno al telefonino, in quanto, anche si è esperti, bisogna tener conto che con questa funzione, il consumo delle batterie fa durare il telefonino poche ore.

Punto quinto: ritenere che le indicazioni del Navigatore o del Gps siano sufficienti a toglierci dai guai. Non basta avere il Gps se la capacità di utilizzo di questo complesso strumento non è adeguata. Purtroppo, non è una novità che una gran parte di escursionisti, anche in viaggi impegnativi, si perdono per "colpa" del Gps. Il Gps determina rotte, quote e percorsi altimetrici attraverso coordinate geografiche che richiedono però una conoscenza molto più tecnica di quella necessaria al comune automobilista. Va tenuto presente che un automobilista, in caso di fermata sta sempre su una strada dove ci sono segnali e passanti; l'escursionista a sua volta, una volta disperso, può trovarsi senza alcun riferimento e finire completamente disorientato se non riesce ad interpretare lo strumento satellitare. Questo è il motivo fondamentale, per cui questi sistemi, sia il Gps che le carte topografiche, vanno studiate bene prima di partire al fine di non ricorrere a loro da impreparati nel momento critico e determinante.

Punto sesto: far sempre sapere a qualche conoscente, soprattutto quando si va soli, dove si va e quando si intende rientrare. Lasciare segnali di ritrovamento è essenziale, soprattutto se ci si avventura in zone nuove o in condizioni di tempo incerto. In queste situazioni, una buona norma di prudenza, è quella di riportare, mentalmente o su un taccuino, tracce di percorso, punti di riconoscimento, attraversamento torrenti, ruderi e altro d'indicativo, da poter ritrovare al rientro. Calcolare con prudenza le distanze e le difficoltà del percorso in quanto, il ritorno, per stanchezza, è sempre più difficoltoso dell'andata e di pomeriggio, sui versanti all'ombra e specie nei boschi, la visibilità è quasi a livello serale. E' proprio in queste situazioni che la perdita di orientamento è facile, come pure le possibili cadute sul terreno scosceso e poco visibile.

Punto settimo: restare in gruppo se si va in escursione organizzata. Molti dei problemi in montagna accadono perché persone, prese dall'entusiasmo e dalla voglia di dimostrare la propria bravura, si avvantaggiano nel percorso e fanno cose non programmate. Altre, al contrario, qualche volta perché non in grado fisicamente, altre volte perché distratte, restano indietro e non ritrovano più i compagni, creando disagi a tutta la compagnia. Una buona educazione all'escursione di gruppo è tener conto del fatto che non ci si può permettere di inserire obiettivi personali, una volta iscritti al programma della giornata e soprattutto perché un gruppo, sia esso sotto l'egida di un'istituzione escursionistica, sia esso a titolo amichevole, in casi d'incidente prevede sempre la responsabilità civile nei confronti degli altri da parte di un direttore di gita o di qualcuno che si è "messo alla testa della compagnia".

 

Quindi, imparate qualcosa di più con le carte, allenatevi con il Gps, ma soprattutto guardate attorno il panorama, osservate con curiosità tutto quello che incontrate, memorizzate e... divertitevi.

 

Le indicazioni dell'articolo sono tratte dall'esperienza dei componenti del Club Alpino Italiano ed in particolare di quelli della Sezione Mario Calderari e Giuliano Spaziani di Frosinone. L'autore Gabriele Maniccia è esperto di escursionismo in montagna; oltre che essere stato Istruttore di Orientamento per il Cai, ha compiuto esplorazioni all'estero ed attualmente è membro della Società Geografica Italiana.

Gabriele Maniccia

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